Come già altre volte, una dichiarazione del Ministro Valditara ha suscitato reazioni forti: questa volta un suo intervento – pronunciato in sede di presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, presso la Camera dei Deputati – ha suscitato vistose reazioni di contrasto.
Nel caso, l’intervento ha suscitato: articoli giornalistici “alquanto critici”, cortei “scarsamente amichevoli”, valorizzazioni mediatiche degli articoli e dei cortei (e, allo stesso tempo, sottovalutazioni di aspetti ritenuti generalmente inquietanti: come, in un corteo, l’evocazione di una P38: evocazione che è stata ritenuta, in un dibattito televisivo, un segno irriverente (proprio come restare seduti, al ristorante, quando un amico viene a salutarci).
Un sodalizio come il nostro, orientato a una riflessione pacata su episodi e segnali del nostro tempo, ha avvertito l’esigenza soffermarsi con un confronto interno (nel contempo, mettendo a disposizione questa scheda, sul sito, per uno spunto di riflessione).
Le critiche mediatiche
Le critiche mediatiche nei confronti del Ministro, illustrate estesamente anche in intere pagine di quotidiani, sono note. Ci si limita a richiamarle:
- negazione della esistenza attuale del patriarcato; si tratterebbe non solo di un errore ma, anche, di negazionismo ideologico;
- utilizzazione di framing di sviamento attenzionale verso tematiche (come l’immigrazione clandestina) estranee alla questione;
- offesa alla memoria della vittima.
Il framing richiede una annotazione: è una strategia comunicazionale (oppure, se si preferisce, un artificio di abilità retorica) che consiste nell’esporre una situazione in modo da influenzare l’interpretazione e l’atteggiamento dei destinatari (la parola ‘framing’ veicola la metafora dell’incorniciare e, così, trasmette una allerta attenzionale nel senso che una “cornice” (di un quadro, ma non solo) può governarne la percezione.
Queste posizioni critiche sono state illustrate ampiamente su quotidiani nazionali, e anche locali, di martedì 19 novembre (e in giorni a seguire, e in dibattiti televisivi). Si segnalano in particolare, a fini di un recupero cognitivo di tali tematiche e valutazioni, gli spazi che La Stampa ha dedicato in tale data, pagine da 1 a 4.
Le repliche alle critiche
In considerazione della ampiezza dello schieramento mediatico che si è espresso in polemica con il Ministro, e in considerazione della diffusa informazione che sicuramente ne è derivata, proponiamo qui – in ottica di riequilibrio istruttorio per gli amici del dumsedafe – una scheda delle repliche alle critiche mediatiche.
Sul patriarcato. I femminicidi, e le violenze anche sessuali sulle donne, non sono riconducibili al patriarcato perché le società occidentali hanno ormai superato i tratti identificativi di tale istituzione. In tal senso, le società occidentali hanno superato: il potere dispotico del capofamiglia; il matrimonio combinato; il regime potestativo nella accettazione/ripulsa di figli; la sottomissione dei discendenti (figli e nipoti) anche se maschi; la sottomissione della moglie sia dentro casa sia fuori; il primato dei doveri verso il capofamiglia, e la inconsistenza dei diritti, (si tratta di elementi ormai noti nella letteratura scientifica). È pur vero che sono riscontrabili anche definizioni sociologiche sulla base delle quali il patriarcato è riconosciuto esistente nel persistere di diseguaglianze di genere a livello sociale ed economico; ma il patriarcato (che, anche etimologicamente, è il potere del pater) è un’altra cosa.
Il vero nemico da combattere è il maschilismo (che è alle origini dei femminicidi, della violenza anche sessuale sulle donne, delle discriminazioni sul posto di lavoro, della immaturità dei maschi che non sanno sopportare un ‘no’). Il contrasto al maschilismo passa attraverso l’educazione ai Valori di rispetto innanzitutto verso la donna (educazione che per la prima volta ha avuto rilievo come obiettivo di apprendimento nei nuovi programmi di educazione civica).
Sul negazionismo. Poiché le civiltà occidentali hanno superato i tratti identificativi del patriarcato, negarne l’esistenza è una negazione corretta; non è negazionismo.
Sul framing. L’intervento criticato non si avvale di sviamento tematico quando (oltre al femminicidio) si riferisce anche alla violenza sessuale, e neppure quando (oltre al maschilismo) si riferisce anche al concorso di situazioni e dati allarmanti in rapporto alla immigrazione clandestina: non è ravvisabile sviamento tematico perché un Ministro – in un messaggio formulato in un luogo simbolo della Sovranità popolare come la Camera dei Deputati – avrà pure il dovere (e anche il diritto) di superare una focalizzazione riduttiva e di estendere l’attenzione allo scenario complessivo della violenza sulle donne.
Semmai, proprio in tema di framing, la critica appare ricambiabile. Infatti: oggi può forse apparire normale e ineccepibile che l’informazione mediatica abbia piena facoltà di utilizzare framing pesante: ad esempio, orientando i lettori tramite una chiave di lettura secondo cui il Ministro Valditara offende la memoria di una vittima! Dicendolo così, in due parole, tanto per andare subito al cuore della questione. Ma, così facendo, sul podio del framing ci va l’informazione.
Su offesa alla memoria. La sostanza dell’accusa sembra questa: si offende la memoria di una vittima di femminicidio quando non si riconosce che è vittima del patriarcato e si sostiene che è vittima del maschilismo. Quindi, si tratterebbe di una offesa (e, specificamente, un oltraggio) tramite “disconoscimento valoriale”.
Domanda: ma quali sono le presupposizioni (quand’anche non intenzionali, ma ideologiche) che si possono cogliere sullo sfondo di tale impostazione? Sul punto, è possibile cogliere che: ‘essere vittima del patriarcato’ identifica la causa (il male, l’opponente) in un sistema di potere (‘patriarcato’ evoca “potere” sin dall’etimo); invece, ‘essere vittime del maschilismo’ evoca la causa in un tratto retrogrado della personalità, in un tratto ipertrofico dell’Io maschile, in una “visione culturale” attardata (e cose simili). Quindi: se si evoca il patriarcato, si evoca un “opponente” di forte impatto connotativo, pienamente adeguato a un uso semiologico antagonistico; invece, comparativamente, il maschilismo è “antagonisticamente” meno forte e meno utile (e, in effetti, un corteo contro il maschilismo sarebbe debolino).
Ma, se le cose stanno così, ne deriva che un Ministro – soprattutto nei contesti in cui i messaggi devono avere un loro peso istituzionale – è funzionalmente portato a offrire analisi più che slogan.
ED ECCO LO SPUNTO DI RIFLESSIONE
Criticare un Ministro con parole forti è una attività diffusa; in alcuni casi è una attività non facile ma ripagante, che può fare assurgere a una immagine di Eroe moderno.
Per di più, non si corrono rischi. Una volta, forse, nella prima repubblica, con qualche ministro democristiano o socialista di peso, qualche rischio si correva. Ma oggi no. Anche perché, se oggi un ministro risponde a un attacco, il contraccambio è generoso (legioni di esperti, controanalisi, insulti, palate).
Ovviamente è la Democrazia: quindi, tutto OK.
Ma, come si diceva una volta, il discorso è un altro (frase tipica del framing). E, in effetti, il discorso è anche un altro ed è anche questo: se un ministro, come qualsiasi altro personaggio pubblico importante, è “raggiunto” da un attacco formulato in toni idonei a creare indignazione, e se si raggiungono destinatari sensibili ad amplificare indignazioni, e se qualche indignato ritiene che una indignazione non è seria se non si traduce in atti concreti, allora possono aversi effetti collaterali (indesiderati o desiderati, dipende da chi).
Un effetto può essere che quel “personaggio” smette di essere “una persona che può fare una passeggiata”, smette di essere “una persona che può andare a fare la spesa”, smette di essere “una persona che può andare al cinema, con un figlio o con amico o anche da solo”. E speriamo che sia tutto qui. Comunque, per un bel po’, niente passeggiata né negozi né cinema. E, se proprio ci deve andare, ci va con paura: e allora è meglio che non vada. E speriamo che sia tutto qui.
Si può chiudere con una riflessione che va oltre le contingenze. Eccola: la Democrazia è l’invenzione politica più adeguata a far vivere meglio le persone anche quando dissentono, anche quando si avversano. La Democrazia richiede però qualche cautela: la Democrazia richiede attenzione a non creare, e nel non contribuire a creare, contesti che travalichino l’atmosfera del confronto; inoltre, la Democrazia richiede attenzione a non creare, e nel non contribuire a non creare, bersagli!
Una ineludibile cultura della prevenzione non può lasciare fuori questi rischi.
02/12/2024 – Lelio Lantella
Lelio Lantella – “Il ministro Valditara su patriarcato e maschilismo“
