Ringraziamo Lelio Lantella per il nuovo contributo alla nostra rubrica “Spunti di riflessione”, dopo una serata in musica, e non solo.
Interpretazione, e ritardi espressivi
UN MUSICISTA
Domanda: chi è Giorgio Porfirio Bovero, che alcuni di noi (di “dumsedafe”) hanno sentito suonare in una recente occasione conviviale (in collina)?
Risposta: per chi lo ha sentito, è un musicista che sa domare diversi strumenti; e lo fa con maestria.
Purtroppo, esistono gli astiosi e un astioso potrebbe insinuare: “ma è davvero un polistrumentista? come se la cava con gli archi?”.
Non saprei dire come se la cava con gli archi; non ne ho idea, ma con “fiati” e “tastiere” se la cava molto bene; e se la cava molto bene anche con bit e sinusoidi.
I MICRORITARDI ESPRESSIVI
Giorgio Porfirio Bovero ha, in maniera spiccata, una caratteristica (un dono naturale, credo) che è percepibile nettamente quando “suona il piano”. Ecco la caratteristica: se il brano lo consente (ripeto: se il brano lo consente), inserisce preziosi microritardi che subito “risolve”, e li risolve non appena il microritardo diventa inquietante!
Cosa vuol dire? Vuol dire che, se l’ascoltatore conosce il brano (oppure ne prefigura lo svolgimento) e se l’ascoltatore ha sensibilità per il miracolo della musica, a un tratto gli può capitare di attendere una nota ma la nota non arriva; allora, l’ascoltatore entra in inquietudine; dalla inquietudine all’allarme, il passo è istantaneo; ma subito, per incanto e finalmente, la nota arriva e tutto si ricompone.
Qualcuno potrebbe dire: come è possibile tutto ciò? Quanto dura sto’ improbabile percorso?
Rispondo: dura un tempo infinitesimo che soltanto una ricerca potrebbe quantificare; ma è un tempo pur minimale che già consente, alla acribia fulminea della mente, di percepire una vicenda di frattura e di ricomposizione.
LE TEORICHE DEL RITARDO
In musicologia ci si occupa del tempo e di tutto ciò che lo riguarda, ed anche dei ritardi: i musicologi identificano i ritardi strutturalmente (come, ad esempio, il “procedimento armonistico” che mantiene uno o più suoni di un accordo quando si è già in presenza di un accordo successivo) e identificano i ritardi anche funzionalmente (come, appunto, i ritardi espressivi); e resta fermo che un tipo di ritardo può essere identificato sia da un punto di vista strutturale sia da un punto di vista funzionale.
Ma tutta la teoria dei “differimenti” resta ancorata alla denominazione (persino un po’ colpevolizzante) di ‘ritardo’, che è una denominazione riduttiva: è riduttiva perché privilegia la dimensione temporale (la cosiddetta “agogica”) deprimendo le dimensioni comunicazionali, culturali, psicologiche.
Invece, in musica e segnatamente nella interpretazione, i ritardi (e i microritardi in particolare) hanno potenza, e seduttività, proprio a livello comunicazionale, culturale, psicologico.
Perché, del resto, tale potenza e seduttività? La ragione è semplice: ritardi e microritardi evocano frattura e ricomposizione, attesa e appagamento, assenza e presenza, celamento e rivelazione. Sono, tutte, dinamiche allusive di dinamiche universali. Per fare una citazione “dotta”, sarebbe possibile ricordare le visioni filosofiche, classiche, in cui le cesure delle negazioni trovano “riparazione” nelle sintesi; per essere concreti basta pensare a tutto ciò che capita, a quasi tutti, nella vita di ogni giorno.
La Musica, e ciò che è Oltre
Ecco, quindi, lo spunto di riflessione (che, questa volta, porge ossequio a una ovvietà) e cioè che “la Musica” non è “solo suono” ma è, anche, “allegoria”: la musica e suoi fenomeni (anche quelli micro, apparentemente di dettaglio) sono viottoli ed autostrade che collegano a “Ciò che è Oltre”.
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